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Lettera ai miei alunni/6

Siamo arrivati alla fine del nostro percorso e non vi ho ancora detto in che cosa ho mancato e perché vi chiedo scusa.
Non ci rimane molto tempo, la scuola praticamente finisce dopodomani per me e come ben sapete, l’incubo di ogni compito in classe è la conclusione, soprattutto se deve essere “personale”.
E invece io ricorro alle parole di Carla Melazzini e al libro meraviglioso che mi ha fatto compagnia nei miei viaggi verso di voi. Un libro che dovrebbe essere reso obbligatorio per tutti gli insegnanti. Insegnare al principe di Danimarca (anche se il titolo un po’ allontana) è un libro bellissimo, poetico, autentico, ricco di spunti (la mia copia è tutta strasottolineata).

Potrei riportarne interi capitoli e mi piacerebbe commentarli con quelli di voi più maturi insieme a qualche insegnante. Utopia. Però c’è una parte che è utile al mio discorso e mi aiuta a scrivere la conclusione di questa lettera.
Scrive la Melazzini che per fare di una relazione una “buona relazione” occorrono almeno tre elementi: Tempo, Indipendenza, Reciprocità.
Per costruire buone relazioni ci vuole molto tempo
, anche perché bisogna riparare dei danni e si sa che se a distruggere ci vuole un secondo, a ricostruire e riparare ci vogliono anni. Pensiamo, per esempio, al terremoto di cui in questi giorni sperimentiamo la portata devastatrice.
Noi di tempo ne abbiamo avuto tanto sulla carta, 320 ore, eppure non è stato sufficiente. Ci vuole tanto tempo per conoscersi, per misurarsi e solo dopo si può cominciare a costruire. Ecco ora, a maggio, io vi conosco sufficientemente bene per poter cominciare a instaurare con voi una relazione proficua per me e per voi. Ma il nostro tempo è scaduto. Certo ne abbiamo sprecato tanto, anche questo è vero. Non è una questione di ore ma di qualità del tempo. Il tempo sprecato a verificare la disponibilità del laboratorio di informatica, dell’aula magna, il tempo sprecato a ripetere la stessa cosa 10 volte, il tempo sprecato ad arrabbiarmi, a sedare le liti non solo verbali, a difendere i più deboli dai soprusi, il tempo sprecato in viaggio. Il tempo sprecato dalle vostre protesi: quei telefonini a cui ricorrete quando non sapete cosa dire, cosa fare, dove guardare. Per sfida o per noia. Quanto tempo sprecato. Avrei potuto provare a raccontarvi chissà quali altre storie, avremmo potuto conoscerci meglio.Ma comunque anche questo spreco è fisiologico e va sempre messo in conto in ogni relazione. L’importante è usare bene quello che ci rimane. Io ci ho provato, ma ho la consapevolezza che avrei potuto dedicarvi di più del mio tempo mentale. Ma quando arrivavo a casa nel tardo pomeriggio, dopo una mattinata di combattimento e tre ore di viaggio, non avevo molta voglia di dedicarmi ancora a voi, a cercare nuovi modi per stimolarvi.
Non che non l’abbia fatto. Abbiamo riscritto la favola di Esopo in chiave moderna e poi nel vostro dialetto. Ve lo ricordate? L’abbiamo fatto all’inizio. Vi ho fatto scoprire Tommaso Fiore, questo emerito sconosciuto a cui è dedicata la vostra scuola, vi ho fatto scoprire Tim Burton e visto insieme i suoi film più belli, abbiamo letto Jimmy della collina, un romanzo per ragazzi e vi è pure piaciuto. Ne abbiamo parlato tanto, sviscerandolo in ogni aspetto. Dovreste conoscerlo a memoria. E lo so che vi avevo promesso che avremmo visto il film alla fine ma, ho cercato di spiegarlo a quelli di voi più maturi, dopo averlo visto a casa (di solito me li guardo i film prima di proporveli) ho capito che era impossibile farvelo vedere. Passi per le scene di sesso, ma il nudo integrale maschile proprio non potevo proporvelo. Mi è dispiaciuto perché sarebbe stato interessante portarvi a fare un confronto tra scrittura e visione, m anon potevo rischiare una denuncia.
Vi ho proposto brani e poesie che normalmente non entrano nei programmi scolastici. Abbiamo visto il film La scuola è finita e riflettuto insieme su cosa significa la scuola per noi. Abbiamo creato insieme gli haiku e poi abbiamo sperimentato il caviardage. E vi ricordate quando abbiamo messo in scena il matrimonio a sorpresa di Renzo e Lucia? Mi sono messa a disposizione per prepararvi ai compiti in classe e alle interrogazioni. Sì, di cose ne abbiamo fatte, vi ho fatto giocare e soprattutto mi sono messa in gioco, eppure ho la sensazione che avrei dovuto dedicarvi più tempo. Qualitativamente parlando.

Una relazione che crea dipendenza non è una buona relazione – scrive ancora la Melazzini. Questo vale nei rapporti di coppia, nell’amicizia, vale con le cose (il cellulare, la sigaretta, gli spinelli). Vale a maggior ragione nella relazione docente-alunno, dove io docente insegno perché tu possa diventare consapevole e autonomo. C’è stato questo nella nostra relazione? Non lo so. Ho provato a farvi capire che studiare, imparare a stare con gli altri, imparare a gestire le difficoltà è nel vostro interesse, e che questo vale indipendentemente dal docente che vi trovate di fronte. Ho provato anche  a farvi capire che ci sono diversi contesti e diversi modi di comportarsi per cui a scuola ci si comporta in un modo e a casa e per strada in un altro. E questo non significa affatto essere falsi, ma essere consapevoli. Ai compagni ci si rivolge in un modo, ai docenti in un altro. Ma si rimane se stessi. Che quella su Facebook è una vicevita (parafrasando Magrelli) ed è invece la vostra vita vera che dovete riempire di relazioni autentiche. Ho provato a incoraggiarvi, a dirvi che ce la potete fare se lo volete. Ma credo di aver raccolto pochi risultati sotto questo aspetto. Non sono nemmeno riuscita a farvi capire l’importanza di firmare prima con il nome e poi con il cognome, primo segno di una indipendenza dalla propria famiglia per affermare se stessi. Eppure ve l’ho ripetuto ogni giorno!

Altra caratteristica irrinunciabile in una relazione è la reciprocità. Questa è ancora più difficile anche perché, dice la Melazzini, la reciprocità va esplicitata.
Se non è reciproca una relazione non è “buona”
e reciproco vuol dire che io cresco se tu cresci.
“Qualunque relazione insegnante-alunno in cui l’insegnante non sia disposto ad accettare che lui impara dall’alunno quanto e forse più di quanto l’alunno non impari da lui, non è una buona relazione. In una relazione buona si cresce anche in termini di arricchimento emotivo. E tutto questo va esplicitato perché l’altro contraente del patto deve essere consapevole di quanto lui ti sta dando in questa relazione”.

Questa reciprocità c’è stata, io sono consapevole di quello che ho imparato da voi, soprattutto in termini di “arricchimento emotivo”, non sono però sicura di averlo esplicitato. Di avervi incoraggiato sufficientemente, di avervi mostrato gratitudine pure per quel poco di attenzione che mi davate e che mi gratificava. Certo non stiamo parlando di un contesto dove esplicitare sia facile. Voi non avete consapevolezza delle vostre emozioni, siete, come tutti gli adolescenti del mondo, pura emozione, ma emozione scomposta e incosciente. Emozione labile, evanescente. Emozione senza attenzione. Mi sarebbe piaciuto insegnarvi a essere consapevoli delle vostre emozioni per imparare a gestirle e soprattutto a non farle colonizzare dal mondo adulto per il quale voi siete solo un target. Il più ambito. Proprio perché le emozioni possono essere trasformate in impulsi ad acquistare.
È stato davvero poco il tempo perché potessimo anche solo provare ad affrontare questo argomento e vi lascio quindi vulnerabili così come vi ho incontrato.
Per questo vi chiedo scusa, a nome mio e di tutta la società degli adulti.

La bellezza e l’impegno

Venerdì sera siamo usciti per bere qualcosa con una coppia di amici prima della loro partenza per le vacanze e ci siamo ritrovati la mattina dopo, alle 7.00, in partenza per Senigallia, senza ben sapere come. E posso dire di aver davvero fatto il pieno di bellezza in questo pazzo week end.

Le Marche con le colline ricoperte di girasoli, la suggestiva tranquillità di Corinaldo, paesino che ha dato i natali a Santa Maria Goretti (e curiosamente gemellato con Arcore, paese che ha dato i natali al puttaniere d’Italia), l’asta di Libera, il concerto di Caparezza, il pranzo in una straordinaria osteria a San Costanzo. Tutto bello per chi sa guardare.

E dulcis in fundo una visita alla rocca roveresca dove per sole tre settimane è esposta la Madonna di Senigallia, di Piero della Francesca.
Che quadro meraviglioso, di quelli che aprono la mente e che incantano per la loro perfetta semplicità. Quanta dolcezza, quante mestizia in quel volto di madre che presenta al mondo il bambino presagendone la fine. Eppure porta avanti il suo destino, consapevole di un impegno preso con l’umanità.
Bellezza e Impegno. L’una complementare dell’altro.


Mi viene in mente una poesia (è mia, scusate ma il mio libro è stato ristampato con degli inediti)

Ho scelto di non essere
isola
ma arcipelago
e di alghe e coralli
a dirne la bellezza
e la fatica mi impegno.

Mi viene in mente la bellezza della Val di Susa e l’impegno della popolazione e di tante persone a difenderla da chi la vuole cancellare.
Perché di questo si tratta. Cancellare la bellezza, calpestare la storia in nome di una presunta modernità. Ma vale davvero la pena distruggere un territorio abitato da uomini per consentire ad altri uomini (pochi) di andare da Torino a Lione in meno di 3 ore? Soprattutto, ha senso in un paese dove la maggior parte delle merci continua a essere trasportata su gomme (con tutto quel che ne consegue in termini di inquinamento, incidenti, costi) e dove i pendolari, cioè persone che usano  il treno per recarsi al lavoro, devono affrontare ogni giorno una odissea sempre nuova?
C’è qualcosa che non quadra in tutta questa storia. O forse quadra benissimo. È la solita storia di chi per far soldi non guarda in faccia a nessuno. Vedi il tentativo di sdoganare il nucleare, vedi la ricostruzione de L’Aquila, vedi il ponte sullo stretto…. vedi alla voce “italia” mi verrebbe da dire.

Io non ho parole nuove da spendere per la Val di Susa. Ammiro le persone che la stanno difendendo con i denti, che credono di avere diritto a esprimersi sulla loro valle.
Non ho parole nuove e raramente ne parlo per paura di scontrarmi con i soliti cliché di chi si informa solo dai tg e dei quotidiani legge solo i titoli in vetrina. Forse sbaglio, dovrei combattere anche io per la Val di Susa. Perché la bellezza appartiene a tutti.

Lo faccio nel mio piccolo, riportandovi un passo di un articolo di Gianni Vattimo, apparso sul manifesto di oggi:

Non è una faccenda che riguardi la sola Val di Susa, ormai; è l’emblema di come, con la connivenza più o meno esplicita di quella che dovrebbe essere l’opposizione, una classe di governo piena di collusioni mafiose, con l’approvazione di un Parlamento dove i voti decisivi vengono palesemente comprati, vuol realizzare un’opera della cui utilità non ha mai voluto discutere, trincerandosi dietro chiacchiere retoriche sul progresso e il minacciato isolamento del Piemonte. Chi ha visto domenica il traffico delle Valli di Susa e Chisone, bloccato per ore dalla chiusura dell’autostrada del Frejus e dalle code di auto che cercavano di avvicinarsi a Torino, ha ragione di domandarsi quante settimane potrà durare il cantiere aperto per finta in questi giorni, che si è limitato ad alzare barriere militari a difesa di un lavoro fatalmente destinato a risolversi in uno spreco di denaro europeo (anche nostro però), in uno scempio ambientale e di salute (l’amianto chi lo inghiottirà?) e nel sempre più pericoloso discredito della nostra democrazia.

E invitandovi a vedere il video in cui Marco Travaglio (non sempre simpatico ma è persona intelligente) ci racconta nel suo solito modo arguto di questa vicenda.
Ecco come Sergio di Vita (che ringrazio) presenta questo video:

Oggi è necessario tentare di informare tutti coloro che, da lontano, e senza sapere nulla di ciò di cui “si parla”, farfugliano di “sviluppo”.
Ecco allora, per cominciare, un video che fornisce una serie di argomenti; ognuno, poi, giudichi da sé.
Ma non è consentito a nessuno fare blabla su queste cose serissime, senza cognizione di causa.
Perché è responsabilità di tutti, intervenire consapevolmente su questioni nazionali di massima importanza: è in ballo il futuro di tutti gli italiani, dal punto di vista lavorativo, economico, ecologico. Soprattutto per gli abitanti della Val di Susa, più direttamente coinvolti; ma per tutti.
Dunque, prego di dare massima diffusione a questo video, se se ne condividono i principi ispiratori e gli argomenti.
Spero che nessuno si arresti alle prime battute, influenzato dalle personali simpatie o antipatie verso il tale o il tal altro “personaggio” .
Informarsi è altra cosa, e cosa ben più seria.
Oggi informarsi è possibile. Ed è un dovere, prima che un diritto. Come la libertà. Perciò: prima ascoltare; poi giudicare.

È il mio piccolo contributo alla bellezza.
Grazie a Piero della Francesca. Grazie ai tanti testimoni che ci fanno arrivare la verità dalla Val di Susa.
Apriamo gli occhi. Restiamo Umani, come avrebbe detto Vittorio Arrigoni.

qualunque mente

Seguo e amo Antonio Albanese da una vita e Cetto La qualuque è uno dei personaggi che più mi ha fatto ridere negli ultimi anni.
Aspettavo con impazienza questo film e finalmente sono andata a vederlo al cinema con l’husband e la chocogirl.
Sono rimasta delusa. Troppe aspettative? forse. Troppo conosciute le battute? forse. Ormai non ne posso più dei luoghi comuni sul Sud? anche.

Ma rimugina rimugina ho capito cosa non andava nel film, cos’era quel senso di inadeguatezza, quell’inquietudine, quell’amarezza.  Il fatto è che non fa più ridere: la realtà ha superato talmente la fantasia che tutta la genialità di questo personaggio profetico, nato diversi anni fa quando queste cose non ce le immaginavamo, si è come diluita.
Tutto quello a cui stiamo assistendo in questi mesi, il pornoshow quotidiano, fa sì che il film faccia sorridere, sembri ingenuo, datato, superato.
In fondo Cetto è ancora giovane, va a puttane sì ma va lui a casa loro, le paga con i suoi soldi (seppure in odore di illecito), non è un uomo pubblico (non ancora) ma un delinquente conclamato. Niente a che vedere con la realtà.
La realtà è molto peggio. E non ci scandalizza più.
Stiamo a fare i distinguo se si tratti di una questione morale o politica. E da quando in qua c’è questa distinzione? la morale è politica. Soprattutto perché da sempre si punta ai voti di chi professa una morale.
Ma non è questo il punto. è che è cambiato tutto. è cambiata la concezione di ciò che è dignitoso.

Dice bene Claudio Fava in un articolo apparso sull’Unità qualche giorno fa e che sta già facendo il giro della rete:
accanto ai dieci milioni di firme contro Berlusconi andrebbero raccolti altri dieci milioni di firme contro noi italiani
.

Scrive ancora Fava:
Quelle notti ad Arcore sono lo specchio del paese. Di ragazzine invecchiate in fretta e di padri ottusi e contenti. Convinti che per le loro figlie, grande fratello o grande bordello, l’importante sia essere scelte, essere annusate, essere comprate.

Ecco, ci siamo arrivati. Il corpo al servizio del potere. Ce lo aveva preannunciato Pasolini, ce lo aveva ribadito Kubrik. Il sesso qui c’entra poco, è un accessorio. Quel che conta è la dominazione del corpo, il dominio sul corpo. E noi continuiamo a guardare il dito…

Non ci sono più né padri né madri, non ci sono argini non dico morali che sembra una parola bacchettona (ma non lo è), non dico etici (che sembra una parolaccia) ma nemmeno umani, nel senso di dignità dell’essere umano, uomo o donna che sia. Ci sono solo corpi.
E nessuno chiama più le cose con il loro nome. Ora abbiamo le escort, un tempo si chiamavano puttane (senza offesa per la categoria).
Un tempo per indicare quelli come il signor B. e i suoi compari il Fede gatto e la volpe Mora si sarebbe usata un parola, anzi due: vecchio porco.
E tali sono.

Qualunque persona sana di mente lo sa. Qualunque mente.  Qualunquemente.